La causa, promossa dalla professoressa Rachael Kent del King's College London, contestava ad Apple l'obbligo imposto agli sviluppatori di distribuire tutte le app native esclusivamente tramite l'App Store, con una commissione applicata su ogni acquisto effettuato sulla piattaforma. Una decisione che ha avuto un impatto su milioni di utenti che hanno utilizzato le funzioni a pagamento dell'App Store tra la fine del 2015 e la fine del 2024. Nella sentenza, il Competition Appeal Tribunal ha stabilito che agli sviluppatori è stata addebitata una commissione eccessiva", pari alla differenza tra un tasso considerato equo del 17,5% e quello effettivamente applicato da Apple, che secondo gli avvocati di Kent si aggirava intorno al 30%. Il tribunale, scrive Reuters, ha inoltre riconosciuto che circa la metà di tale sovrapprezzo è stata trasferita ai consumatori finali.
CMA e le tensioni sulla regolamentazione
Mercoledì, l'Autorità britannica della concorrenza (CMA) ha designato Apple come "società con status strategico" nel mercato degli ecosistemi digitali per smartphone e tablet, insieme a Google. Questa classificazione conferisce alle due aziende un nuovo status, che potrebbe obbligarle ad aprire maggiormente le proprie piattaforme e a rendere più trasparenti le regole che ne governano il funzionamento. In una nota diffusa dopo le decisioni della CMA, nel pieno delle tensioni con i regolatori britannici, Apple aveva già avvertito come il Regno Unito rischiasse di perdere l'accesso a nuove funzionalità, come già accaduto nell'Unione Europea, a causa, secondo l'azienda, di una regolamentazione troppo rigida.
La società, come scrive la BBC, aveva citato l'esempio di Apple Intelligence, alcune delle cui funzioni non sono disponibili in Europa, e aveva sottolineato di "affrontare una concorrenza agguerrita in ogni mercato", lavorando "instancabilmente per offrire i migliori prodotti, servizi ed esperienze utente". Apple aveva inoltre avvertito che l'adozione da parte di Londra di "norme in stile Ue" avrebbe potuto indebolire privacy e sicurezza, ritardare l'accesso alle nuove funzionalità e frammentare l'esperienza d'uso". Insomma, un confronto già teso che rischia di irrigidirsi ulteriormente dopo la sentenza di oggi sull'App Store.
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